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La pittà m’pigliata e un dolce di forma tonda ed è farcita con un ripieno di uva passa, miele, mandorle, noci, una volta farcita la pasta viene arrotolata e legata con uno spago affinche durante la cottura non si apra. Le origini della pitta m’pigliata o pitta ‘nchiusa sono molto antiche e profondamente legate alla storia greca. Il termine “pitta” deriva dal termine greco “picta”, ossia dipinta, decorata. In effetti questo dolce – per la sua particolare forma – sembra quasi dipinto. Anticamente, infatti, la pitta era offerta alle dee in segno di ammirazione e rispetto durante le celebrazioni dei riti pagani nei templi del territorio, come il famoso tempio di Hera Lacinia, nel crotonese. Più tardi, con l’avvento del cristianesimo, vennero costruite molte chiese per celebrare il culto della Vergine Maria e, anche in questo caso, il dolce offerto in dono era proprio la pitta (da qui, la denominazione “della Madonna”). Secondo la tradizione, l’importanza di questo dolce era così radicata tra le famiglie calabresi che la sua perfetta esecuzione era fra le qualità più richieste alle spose durante il contratto matrimoniale.
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